L'impianto viario e le curve altimetriche sostengono l'ipotesi di un vallo ellittico
celtico avente centro in piazza della Scala, adibito a cittadella sacra. Le dimensioni
approssimate dell'ellisse suggeriscono l'applicazione della terna pitagorica 3, 4, 5
per la sua tracciatura.
Da alcuni anni il gruppo milanese "Kernunnos" organizza in
novembre la circoambulazione dell'ellisse celtica di Milano, un percorso
stradale attorno alla Scala. Ha una credibilità l'origine celtica di questo
percorso vagamente ellittico? Il fatto è che l'ellisse di Milano non è nominata
da qualche autore antico, non ha il fascino di un mito antico, non è
paragonabile alla leggenda della fondazione di Roma quadrata. È invece una
"invenzione" di alcuni studiosi che lascia indifferenti gli archeologi. Tutt'al
più potrebbe essere collegata alla leggenda medievale, documentata dal XII
secolo, dell'esistenza a Milano di un "arengo" o di un "pomario" (a seconda
delle fonti) di forma circolare(1), sebbene la differenza tra cerchio e ellisse
non sia trascurabile. L'idea dell'ellisse è maturata lentamente, partendo da una
intuizione di Alessandro Colombo che nel 1928 - ispirato principalmente dal nome
della contrada "Due Muri" interpretato come vicinanza di una mura celtica a una
mura romana - aveva suggerito che il centro preromano andava cercato nell'area
attorno alla Scala. La forma pressappoco ellittica dell'area, con funzione di
nemeton (santuario), è stata proposta da Maria Grazia Tolfo nel 1991 sulla base
della disposizione delle strade principali che la includono. Dopo di che l'idea
è stata accolta con favore negli ambienti celtisti e sviluppata in senso
archeoastronomico da Adriano Gaspani nel 1998, che poi la ha riproposta in
articoli successivi.
Gli archeologi non si sono pronunciati sull'ipotesi. La
direttrice per i Beni Archeologici della Lombardia Anna Ceresa Mori,
intervistata(2) da Giancarlo Minella, ha espresso il suo disinteresse
sull'ipotesi in termini laconici: "Dal punto di vista strettamente archeologico
non vi è alcuna evidenza dell'esistenza di strutture a forma di ellisse." Ancor
più gravi sono altre sue parole che toglierebbero la speranza di trovare in
futuro le tracce dell'ellisse: "Dalla lettura dei testi degli autori classici
sembra di poter dedurre l'esistenza di opere difensive nella Mediolanon celtica:
non sono state trovate però tracce di fossati. Questo non esclude la possibilità
che tali tracce siano state cancellate da opere di periodi posteriori. In ogni
caso, anche le stesse mura repubblicane, risalenti alla metà del I secolo a.C.,
sono molto lacunose. In uno scavo effettuato recentemente in Piazza Fontana, del
muro di periodo repubblicano è stata trovata soltanto la traccia del fossato
esterno: le fondamenta delle mura stesse erano totalmente scomparse senza
lasciare evidenza. A maggior ragione una fortificazione ancora più antica ha
minori probabilità di conservazione." Tuttavia, la mancanza di un reperto
archeologico appartenuto al nemeton non esime dal discutere se i reperti della
zona forniscano la prova contraria, e cioè della inesistenza del nemeton. Nel
presente saggio mi propongo di argomentare che i dati della carta archeologica
disponibile(3) (fig. 1) non solo non smentiscono l'esistenza dell'ellisse, ma la
presumono. Da ciò si ha il nullaosta per procedere con le argomentazioni
cartografiche.
1° indizio archeologico. Il percorso delle mura romane
di età repubblicana è ricostruibile nella zona dell'ellisse dalla posizione di
due brevi tratti scoperti lungo via Filodrammatici (asterisco sulla carta
archeologica), ai quali si aggiunge il fossato esterno delle mura trovato in
piazza Fontana. Queste mura tagliano l'ellisse vicino e parallelamente al suo
supposto asse maggiore. Si potrebbe indurre che l'ellisse non esistesse,
altrimenti il tracciato murario la avrebbe o inclusa o esclusa dalla città.
Invece, considerando che nel nemeton si sarebbero importanti templi della città,
e principalmente quello della dea assimilata ad Atena da Polibio, le mura
sarebbero state costruite di proposito dentro il nemeton per distruggerlo, cioè
per affermare l'assoggettamento degli insubri. Ebbene, difficilmente possono
essere casuali gli elementi topografici che hanno fatto ipotizzare l'ellisse
circa metà fuori e metà dentro le mura. Pare impossibile che le vicende
urbanistiche necessariamente diverse e indipendenti tra fuori e dentro le mura
abbiano per puro caso generato due tracce curvilinee combacianti a forma
ellittica. Più semplice è credere che l'ellisse preesistesse alle mura romane e
sia stata divisa in due metà per dissacrare l'area.
2° indizio archeologico. Nella carta archeologica ho
aggiunto le linee di livello, ricavate da una carta altimetrica(4), per metterle
in relazione con i reperti archeologici. Si nota così che a sudest dell'ellisse,
nell'area da via Hoepli al Corso Europa, esterna alle mura repubblicane e
interna a quelle massiminianee, sono stati scoperti undici depositi di anfore.
Il termine "deposito", usato nell'elenco della carta archeologica, indica anfore
disposte verticalmente a scopo di drenaggio in quest'area digradante verso il
corso del Seveso interessata da una espansione edilizia in età imperiale. È da
notare che non sono state necessarie opere di drenaggio nella metà dell'ellisse
esterna alle mura repubblicane. L'identica altimetria delle due metà
dell'ellisse dovrebbe derivare dalle stesse vicende urbanistiche per entrambe in
epoca celtica. Sull'interpretazione delle curve di livello riporto l'opinione di
Raffaele De Marinis: "L'osservazione dell'andamento delle curve di livello mette
in evidenza una serie di forti anomalie in corrispondenza delle isoipse 119,
120, 121 metri che sembra difficile attribuire ad azioni naturali essendo la
zona un piano inclinato con una lievissima pendenza (2,3 per mille) da
nord-ovest a sud-est, privo di importanti corsi d'acqua. L'origine di queste
anomalie altimetriche è quindi antropica, l'effetto del formarsi di continue
stratificazioni in seguito alla costruzione, abbattimento e ricostruzione delle
abitazioni"(5). Queste parole ci inducono a rilevare che le mura repubblicane
includono tutta l'area a maggior altimetria eccetto la piccola parte su cui si
trova la metà esterna dell'ellisse. Affinché fosse inclusa tutta l'ellisse
sarebbe stato sufficiente allungare il percorso delle mura di circa 200 metri,
passando presso via Morrone. L'aver evitato questo minimo lavoro in più che ci
porta a riconfermare che il percorso delle mura abbreviato lungo via
Filodrammatici abbia tagliato a metà l'ellisse con lo scopo di dissacrare il
nemeton.
3° indizio archeologico. La Tolfo riporta che Giuseppe
Piermarini rinvenne delle "olle cinerarie" negli scavi per la costruzione del
teatro alla Scala, sparite nel mercato dell'antiquario dell'epoca(6). Questa
notizia è da aggiungere a una nota della carta archeologica che segnala presso
via Romagnosi: "tracce di presunta tomba (I sec. d.C.) a cremazione". Sappiamo
che i romani non seppellivano i morti all'interno della città. Dobbiamo quindi
rifarci a qualche usanza precedente, e cioè a quella di sepolture presso luoghi
di culto della Dea Madre. A Milano il tempio della dea (Atena, secondo Polibio)
sarebbe stato nel nemeton, analogamente a Padova il tempio, nominato da Tito
Livio, di una dea paleoveneta assimilata a Giunone era plausibilmente nella
cittadella sacra di cui sappiamo l'esistenza grazie a una iscrizione. L'analogia
è evidente. A Padova la cittadella sacra (ovvero il nemeton) era chiusa da un
anello d'acqua(7), entro cui sono state trovate diverse lapidi funerarie
iscritte di età romana, e a Milano l'ellisse sacra accoglieva anche sepolture.
L'uso della sepoltura nelle aree sacre affonda le radici fino all'epoca
megalitica.
La ricostruzione dell'ellisse. I primi tre indizi archeologici
danno credito alle osservazioni cartografiche che hanno ispirato l'ipotesi
dell'ellisse. Il problema diventa quello di determinarne al meglio la grandezza.
Tuttavia, l'evidente forma vagamente ellittica è approssimabile a linee medie
che dipendono dalla scelta degli elementi cartografici secondo criteri che hanno
un margine di soggettività ineliminabile, in mancanza di specifici dati
archeologici attribuibili all'ellisse. Sulla forma si sono pronunciati Adriano
Gaspani(8), con trattamento statistico degli elementi cartografici, e Giorgio
Fumagalli(9), con scelta intuitiva delle strade formanti l'ellisse. I criteri
personali dovrebbero tendere al maggior numero possibile di elementi, seppure
con qualche intuizione non del tutto razionalizzabile e proprio per questo
personale. Nella mia analisi sono stato sospinto dal proposito di ricavare una
forma "esteticamente bella", nel senso di ottenere una ellisse regolare
tracciabile con una corda dalle misure di una terna pitagorica, benché i recinti
pre-protostorici irregolari non siano rari. Dagli elementi cartografici che ho
individuato si ricaverebbe il perimetro del vallo e la posizione di alcune
porte.
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Fig. 3 - La freccia indica un vicolo scomparso diramato
da via S. Raffaele verso ovest e disposto sull'ellisse. Stralcio della
pianta di Francesco Richini, del 1603. |
Fig. 4 - Traccia punteggiata dell'ellisse disegnata su
uno stralcio del catasto lombardo-veneto del 1855. Un'altra lineetta
punteggiata indica il lato ovest di un cortile, nelle vicinanze della casa
del Manzoni, che coincide con l'ellisse. |
Il vallo ellittico. È presumibile che il nemeton fosse
difeso da un vallo costituito da una palizzata, un argine e un fossato esterno.
Considero quindi che il perimetro più interno sia l'ellisse regolare tracciata
con la corda, e corrisponda alla palizzata. Col passare dei secoli l'argine si
sarebbe trasformato in percorso stradale di cui rimarrebbero alcune tracce nelle
strade moderne e in qualche parete perimetrale dei cortili interni degli
edifici. Nell'elenco che segue è usato il nome attuale delle vie, ma la figura
mostra l'impianto viario della metà dell'Ottocento, in parte diverso da oggi. Le
tracce che considero (fig. 2) sono la via Boito (A), una parte di via Clerici
(B), un vicolo (C) disegnato nella pianta di Francesco Richini del 1603 (fig.
3), il lato nordovest dell'isolato tra via S. Radegonda e Via Agnello (D), la
parete ovest (E) del cortile interno adiacente alla Casa Manzoni (fig. 4) e il
breve tratto di via Morrone che sbocca su via via Manzoni (F). Queste tracce
sono raccordabili con una linea ellittica di cui si potrebbero misurare gli assi
con l'incertezza di qualche decina di metri. Solamente motivi estetici mi
portano a proporne le dimensioni in 390 per 338 metri, che danno una ellisse
costruibile con la terna pitagorica 3, 4, 5 di un triangolo avente il cateto
maggiore compreso tra i due fuochi e il vertice opposto a questo cateto su un
punto dell'ellisse, come si vede nella figura.
4° indizio archeologico.
La ricostruzione del vallo è da confrontare con la localizzazione di un muro di edificio del I secolo
d.C. rinvenuto in uno scavo archeologico nell'area della demolita chiesa di S. Maria del Giardino a
lato nordovest
della via Manzoni (fig. 5), eseguito durante la costruzione della linea
3 della Metropolitana. La stratigrafia di scavo ha suggerito che la zona fosse utilizzata a scopo agricolo,
e cimiteriale adiacente alla strada, in età tardo repubblicana. La relazione di scavo afferma che l'edificio
del I secolo d.C.,
"caratterizzato dal grande muro portante perpendicolare al cardo (via Manzoni), presenta uno
sviluppo in profondità e quindi probabilmente un ristretto prospetto affacciato sul cardo"(10).
Questo significherebbe che l'edificio lungo e stretto sarebbe stato costruito almeno in parte sul
leggero rilievo dell'argine del vallo per evitare gli allagamenti.
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Fig. 5 - Ellisse tracciata su una ricostruzione della planimetria
settecentesca. La trincea di scavo archeologico è indicata a tratteggio
(presso la sigla di scavo "RO. 88") all'interno della demolita chiesa di
S. Maria del Giardino. Sono stati recuperati resti di edificio del I secolo
d.C. costruito probabilmente sopra il leggero rilievo dell'argine ellittico per evitare
allagamenti. (Pianta da: "Scavi MM3", vol. 1, p. 76.) |
Le porte del vallo. Osservando la mappa stradale (fig.
2) balza alla vista che ci sono numerosi incroci, biforcazioni e deviazioni a
angolo delle strade in corrispondenza della linea dell'ellisse, mentre ce ne
sono di meno al suo interno. L'attraversamento dell'ellisse dovrebbe indicare la
posizione delle porte del vallo celtico, benché possa meravigliare che fossero
così numerose. Qualcuna potrebbe essere una apertura sull'argine fatta in epoca
successiva a quella celtica, ma determinata ugualmente dalla conservazione della
pianificazione del nemeton, cioè dalla disposizione dei templi, degli spazi
delle assemblee popolari e delle grandi capanne che ospitavano i giovani durante
i periodi di iniziazione e di addestramento guerresco. Le porte originarie
riconoscibili si troverebbero all'incontro di via Lauro con via Boito (1), di
via Bossi con via Filodrammatici (2), di via Porrone con via Clerici (3), di Via
S. Margherita con via Clerici (4), al lieve angolo del tratto quasi ovest-est di
contrada Due Muri (5), all'angolo quasi retto di contrada "Due Muri" (6),
all'angolo di via S. Raffaele con via Marino (7), alla biforcazione di via
Agnello con una contrada in direzione est-ovest scomparsa (8), alla biforcazione
di via Case Rotte con via Catena (9), all'incontro di via Manzoni con via
Morrone (10), alla biforcazione di via Andegari con via Romagnosi (11) e infine
all'incontro di via Boito con via Verdi (12).
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Fig. 6 - Stralcio della pianta ordinata nel 1807 dagli
astronomi di Brera. Si osserva che l'ellisse (linea bianca) coincide col
cambiamento di disposizione dei cortili interni, che risultano in
direzione nordovest-sudest all'interno dell'ellisse e nord-sud tra via S.
Raffaele e contrada Due Muri. I grandi cortili a ridosso dell'ellisse
hanno preso il posto del vicolo cieco mostrato nella pianta del Richini
(vedi fig. 3). |
Commento. La ricerca di indizi qui esposta sulla base
della cartografia facilmente reperibile potrebbe essere continuata sulla
documentazione più antica possibile dei palazzi lungo l'ellisse; e si potrebbero
ampliare le argomentazioni tentando un abbozzo di zonizzazione urbanistica, cioè
della delimitazione delle aree secondo la loro funzione, commerciale, abitativa,
sacra o direzionale. Mi riferisco a alcune differenze di impianti viari tra
interno e esterno dell'ellisse, che non appaiono casuali. In particolare si nota
che le biforcazioni delle strade avvengono sempre dall'interno all'esterno
dell'ellisse (fig. 2, punti 7, 8, 9, 11), e mai al contrario: questo
significherebbe una maggior antichità della pianificazione interna dell'ellisse,
alla quale si sarebbero adattate le strade costruite all'esterno in epoche
posteriori. Una evidente soluzione di continuità di tipologia urbanistica è
individuata nel tratto di ellisse da via Porrone a contrada Due Muri (fig. 2,
punti 3, 4, 5, 6). Qui, all'esterno dell'ellisse abbiamo un piccolo caos di
stradine, e all'interno due strade (via S. dalmazio e via S. Margherita) quasi
parallele. La causa risiederebbe nella differente funzione delle aree: sacra
all'interno (il nemeton) e mista tra abitativa e commerciale all'esterno. Altra
osservazione da fare è il cambiamento di direzione dei cortili dei palazzi che
avviene proprio sulla linea dell'ellisse, rilevabile chiaramente nella pianta del
1807 (fig. 6) che mostra la
disposizione in direzione nord-sud dei cortili tra via S. Raffaele e contrada Due Muri e la
disposizione in senso nordovest-sudest dei cortili a ovest di via Marino. Il
cambiamento di orientamento dei cortili coincide col vicolo disegnato nella
mappa del Richini, sopra citato, ma non più riportato nelle mappe
successive.
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Fig. 7 - Stralcio della pianta del 1722, ricavata dal catasto
di Carlo VI. La pianta è leggermente deformata rispetto a quelle dell'Ottocento.
Tra le lettere a-b corre un confine di parrocchia coincidente
con l'ellisse. Tra le lettere c-d corrono i confini di parrocchia e di
rione presso l'ellisse, come già rilevato dalla pianta del Richini
(vedi fig. 3). |
Oltre alle tracce dell'ellisse ricavabili dalle strade e dai palazzi con i loro cortili,
un altro tipo di tracce ci è offerto dai vecchi confini delle circoscrizioni dei rioni
e delle parrocchie. Questi sono riportati nella planimetria del 1722 ricavata dalle mappe
catastali di Carlo VI d'Asburgo (fig. 7), che tuttavia ha una precisione minore e leggermente
deformata rispetto a quelle dell'Ottocento. La pianta ha i confini dei rioni segnati da
linee a punti e croci e quelli delle parrocchie a linee continue. Se ne ricava la
conferma della traccia di un tratto del quadrante sud dell'ellisse, già segnato sopra
nella pianta del Richini, e che in questa planimetria è formata dai confini di
rione e di parrocchia sovrapposti (tratto compreso tra le lettere c-d, nella figura);
e una nuova traccia sul quadrante est (tratto compreso tra le lettere a-b, nella figura)
formata da un confine di parrocchia. Quest'ultima traccia è molto lunga e corre
parallela all'ellisse a distanza di una quindicina di metri, distanza che dovrebbe derivare
da costruzioni relativamente antiche lungo i resti del vallo celtico. Aver trovato
tracce su tutti e quattro i quadranti per ricostruire
l'ellisse, ci rassicura sulla fondatezza dell'ipotesi del vallo celtico.
Resterebbe da parlare della posizione delle porte in relazione
alle direzioni astronomiche verso il sole, la luna e qualche stella luminosa. Ci
sono però due motivi che rendono incerta l'analisi astronomica. Primo: non è
determinabile la posizione precisa delle porte originarie, perciò diventa troppo
ampio l'angolo di approssimazione da attribuire delle direzioni astronomiche
ricavabili. Secondo: gli astri sarebbero stati osservati da tre posizioni, i due
fuochi e il centro dell'ellisse, perciò la combinazione statistica del numero di
porte, dei punti dell'osservatore e degli astri darebbe un'alta probabilità di
trovare per caso ora una ora l'altra delle direzioni astronomiche desiderate. Mi
limito quindi a dire che una delle direzione da ritenere con relativa sicurezza
non casuale è quella dell'asse maggiore dell'ellisse verso il solstizio.
Tralasciare gli orientamenti astronomici non detrae nulla agli indizi
archeologici e all'analisi cartografica, che non ne hanno bisogno per dare
credibilità al riconoscimento dell'area ellittica protostorica del nemeton.

Post scriptum, in data 5 ottobre 2016
Note
(*) Revisione con integrazioni dell'articolo pubblicato in "Terra Insubre", n. 40 (2006).
(1) M. G. Tolfo, Medhelanon, Mediolanum, Comune di
Milano, 1998, pp. 58-59
(2) G. Minella (a cura di), Le tracce disvelate
della Mediolanon insubre, in "Terra Insubre", 36 (2005), pp. 3-7.
(3) D. Caporusso (a cura di), Scavi MM3, Milano 1991.
(4) Carta altimetrica con linee isoipsiche ogni 50 cm. Da Trolli, 1957, Riprodotta
da G. Oneto, Milano, centro della Terra di Mezzo, in "Quaderni Padani",
9 (1997), pp. 14-21.
(5) R. De Marinis, La città in Lombardia, in "Archeologia urbana in Lombardia",
Panini, Modena 1984, p. 31.
(6) Tolfo, op. cit., p. 60.
(7) C. Frison, Il
vecchio tempio patavino di Giunone, in "Padova e il suo territorio", 29
(1991), pp. 13-15.
(8) A. Gaspani, Alle origini di Milano", in "Le Stelle", 40 (2006),
pp. 42-46. Idem, "Il nemeton di Mediolanon, santuario degli Insubri,
in "Terra Insubre", 35 (2005), pp. 3-8.
(9) G. Fumagalli, Milano celtica
e i suoi cittadini, Casa Editrice Primordia, Milano 2005, p. 10.
(10) D. Caporusso, cit., vol. 1, p. 40 e 75.
APPENDICE
LA LINEA MERIDIANA DELLA FACCIATA DEL DUOMO DI MILANO
E L'OSSEVAZIONE DI UNA STELLA DELLA CROCE DEL SUD(**)
di Carlo Frison
Affinché sia più probabile la ricostruzione dell’ellisse di Milano, ho elaborato tre procedimenti
indipendenti, concordanti sulla stessa posizione dei fuochi. Le lettere maiuscole tra parentesi susseguenti
si riferiscono alla figura.
Il primo procedimento consiste nella misurazione degli assi dell’ellisse dai tratti stradali
ortogonali agli assi presso i loro punti estremi. L'asse maggiore è compreso da via Boito (A) al lato a
nordovest dell'isolato tra Via S. Radegonda e via Agnello (B). L’asse minore è compreso da via
S. Protaso (C) allo sbocco di via Morrone su via Manzoni (D). L'ellisse dovrebbe essere difesa da un vallo,
che suppongo largo una decina di metri, da aggiungere
all’esterno del tracciato dell’ellisse, il quale avrebbe gli assi di 390 per 338 metri.
Il secondo procedimento determina i fuochi tramite altre strade. Si tratta del tratto settentrionale
della via Andegari (E), la cui direzione prolungata verso sudovest taglia l'asse maggiore nel punto
di un fuoco; e della direzione del tratto settentrionale di via Romagnosi (F) - strada secondaria
riportata nei sei fogli della planimetria anonima del 1786 - che prolungata verso sud taglia l'asse maggiore nel punto
dell'altro fuoco. La Tolfo riferisce che il nome della via Andegari richiama il gallico "an-dee",
ossia "non-dèi"(1), che indicava l'esterno del recinto sacro.
Il terzo procedimento considera delle direzioni astronomiche verso sud di una evidenza esemplare. Gli orientamenti
verso sud, trovati nei siti europei, potrebbero derivare dall'osservazione delle stelle della
costellazione del Centauro, che nell'antichità comprendeva anche la Croce del Sud. Le stelle di queste costellazioni
distinguibili
per un po’ di luminosità, in mezzo a quelle più deboli, non sono più visibili alla nostra latitudine da 3000 anni,
ma alcune erano visibili fino al secoli XI a.C., almeno in qualche sera eccezionalmente limpida,
molto basse sull’orizzonte verso sud. La datazione
sarebbe troppo alta rispetto a quella dei secoli
VII e VI a.C., attualmente attribuita all’ellissi celtica. Però queste direzioni stradali verso la Croce del Sud sono
adiacenti all’ellisse.
Probabilmente il sito era frequentato già prima della costruzione dell'ellissi; potrebbe essere
stato un’area cultuale più antica, sede di osservazioni astronomiche. Le direzioni astronomiche esterne all’ellisse
sono la facciata del Duomo, coincidende con una linea meridiana, e le vie S. Raffaele (G) e contrada dei Due Muri (H),
quest'ultima non più esistente. La disposizione geometrico-astronomica è straordinaria. La meridiana della facciata
del duomo è bisettrice dell’angolo tra le due vie e passa per uno dei fuochi dell’ellisse. L'unico
significato astronomico possibile è l’osservazione del sorgere e tramontare della stessa stella. Inoltre
i due tratti viari, iniziando dal perimetro dell’ellisse, ne confermano la ricostruzione.
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Le due linee dell’ellisse sono separate dal vallo di una decina di metri. I fuochi sono determinati sia
dalle dimensioni degli assi, sia dalle intersezioni con prolungamenti di direzioni stradali (E, F). La linea
meridiana rasente
alla facciata del duomo passa per un fuoco dell'ellisse ed è bisettrice dell'angolo tra
due strade (G, H) indicanti il
sorgere e tramontare di una stella della Croce del Sud. Il triangolo tra i due fuochi e il vertice in P, usato per la
tracciatura dell’ellisse interna, ha i lati proporzionali a 3, 4, 5. La pianta è ricavata dal
catasto Lombardo-Vaneto del 1855.
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Note
(**) Revisione abbreviata e corretta dell'articolo L'ellisse preistorica di Milano pubblicato in "Quaderni Padani", n. 55 (2004).
1) Tolfo, M. G., Medhelanon - Mediolanum. Il passaggio dal santuario celtico alla città romana (Milano: Comune di Milano, 1998) pp. 23-26.
Ultimo aggiornamento in agosto 2012.
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