INDIZI ARCHEOLOGICI E CARTOGRAFICI
DELL'ELLISSE CELTICA DI MILANO(*)

CON APPENDICE SULLA LINEA MERIDIANA
DELLA FACCIATA DEL DUOMO(**)

di Carlo Frison

L'impianto viario e le curve altimetriche sostengono l'ipotesi di un vallo ellittico celtico avente centro in piazza della Scala, adibito a cittadella sacra. Le dimensioni approssimate dell'ellisse suggeriscono l'applicazione della terna pitagorica 3, 4, 5 per la sua tracciatura.

Da alcuni anni il gruppo milanese "Kernunnos" organizza in novembre la circoambulazione dell'ellisse celtica di Milano, un percorso stradale attorno alla Scala. Ha una credibilità l'origine celtica di questo percorso vagamente ellittico? Il fatto è che l'ellisse di Milano non è nominata da qualche autore antico, non ha il fascino di un mito antico, non è paragonabile alla leggenda della fondazione di Roma quadrata. È invece una "invenzione" di alcuni studiosi che lascia indifferenti gli archeologi. Tutt'al più potrebbe essere collegata alla leggenda medievale, documentata dal XII secolo, dell'esistenza a Milano di un "arengo" o di un "pomario" (a seconda delle fonti) di forma circolare(1), sebbene la differenza tra cerchio e ellisse non sia trascurabile. L'idea dell'ellisse è maturata lentamente, partendo da una intuizione di Alessandro Colombo che nel 1928 - ispirato principalmente dal nome della contrada "Due Muri" interpretato come vicinanza di una mura celtica a una mura romana - aveva suggerito che il centro preromano andava cercato nell'area attorno alla Scala. La forma pressappoco ellittica dell'area, con funzione di nemeton (santuario), è stata proposta da Maria Grazia Tolfo nel 1991 sulla base della disposizione delle strade principali che la includono. Dopo di che l'idea è stata accolta con favore negli ambienti celtisti e sviluppata in senso archeoastronomico da Adriano Gaspani nel 1998, che poi la ha riproposta in articoli successivi.

Fig. 1 - Stralcio della carta archeologica, allegata a "Scavi MM3", modificata aggiungendo l'ipotetica ellisse (linea punteggiata) e le curve di livello (linee tratteggiate) del rilievo del Trolli del 1957.

Fig. 2 - Ricostruzione del vallo ellittico e delle sue porte. I trattini fitti paralleli (A-F) sono le tracce rimaste del vallo. I cerchietti (1-12) sugli incroci, sulle biforcazioni e sulle curve di strade evidenziano le aperture del vallo o le deviazioni derivate dal vallo. L'asse maggiore è compreso da via Boito (A) al lato a nordovest dell'isolato tra Via S. Radegonda e via Agnello (D). L’asse minore è compreso da via S. Protaso (C) allo sbocco di via Morrone su via Manzoni (F) Il triangolo tra i due fuochi mostra come sarebbe stata ricavata l'ellisse dalla terna pitagorica 3, 4, 5. L'impianto viario è ricavato dalle mappe catastali del 1855.

Gli archeologi non si sono pronunciati sull'ipotesi. La direttrice per i Beni Archeologici della Lombardia Anna Ceresa Mori, intervistata(2) da Giancarlo Minella, ha espresso il suo disinteresse sull'ipotesi in termini laconici: "Dal punto di vista strettamente archeologico non vi è alcuna evidenza dell'esistenza di strutture a forma di ellisse." Ancor più gravi sono altre sue parole che toglierebbero la speranza di trovare in futuro le tracce dell'ellisse: "Dalla lettura dei testi degli autori classici sembra di poter dedurre l'esistenza di opere difensive nella Mediolanon celtica: non sono state trovate però tracce di fossati. Questo non esclude la possibilità che tali tracce siano state cancellate da opere di periodi posteriori. In ogni caso, anche le stesse mura repubblicane, risalenti alla metà del I secolo a.C., sono molto lacunose. In uno scavo effettuato recentemente in Piazza Fontana, del muro di periodo repubblicano è stata trovata soltanto la traccia del fossato esterno: le fondamenta delle mura stesse erano totalmente scomparse senza lasciare evidenza. A maggior ragione una fortificazione ancora più antica ha minori probabilità di conservazione." Tuttavia, la mancanza di un reperto archeologico appartenuto al nemeton non esime dal discutere se i reperti della zona forniscano la prova contraria, e cioè della inesistenza del nemeton. Nel presente saggio mi propongo di argomentare che i dati della carta archeologica disponibile(3) (fig. 1) non solo non smentiscono l'esistenza dell'ellisse, ma la presumono. Da ciò si ha il nullaosta per procedere con le argomentazioni cartografiche.

1° indizio archeologico. Il percorso delle mura romane di età repubblicana è ricostruibile nella zona dell'ellisse dalla posizione di due brevi tratti scoperti lungo via Filodrammatici (asterisco sulla carta archeologica), ai quali si aggiunge il fossato esterno delle mura trovato in piazza Fontana. Queste mura tagliano l'ellisse vicino e parallelamente al suo supposto asse maggiore. Si potrebbe indurre che l'ellisse non esistesse, altrimenti il tracciato murario la avrebbe o inclusa o esclusa dalla città. Invece, considerando che nel nemeton si sarebbero importanti templi della città, e principalmente quello della dea assimilata ad Atena da Polibio, le mura sarebbero state costruite di proposito dentro il nemeton per distruggerlo, cioè per affermare l'assoggettamento degli insubri. Ebbene, difficilmente possono essere casuali gli elementi topografici che hanno fatto ipotizzare l'ellisse circa metà fuori e metà dentro le mura. Pare impossibile che le vicende urbanistiche necessariamente diverse e indipendenti tra fuori e dentro le mura abbiano per puro caso generato due tracce curvilinee combacianti a forma ellittica. Più semplice è credere che l'ellisse preesistesse alle mura romane e sia stata divisa in due metà per dissacrare l'area.

2° indizio archeologico. Nella carta archeologica ho aggiunto le linee di livello, ricavate da una carta altimetrica(4), per metterle in relazione con i reperti archeologici. Si nota così che a sudest dell'ellisse, nell'area da via Hoepli al Corso Europa, esterna alle mura repubblicane e interna a quelle massiminianee, sono stati scoperti undici depositi di anfore. Il termine "deposito", usato nell'elenco della carta archeologica, indica anfore disposte verticalmente a scopo di drenaggio in quest'area digradante verso il corso del Seveso interessata da una espansione edilizia in età imperiale. È da notare che non sono state necessarie opere di drenaggio nella metà dell'ellisse esterna alle mura repubblicane. L'identica altimetria delle due metà dell'ellisse dovrebbe derivare dalle stesse vicende urbanistiche per entrambe in epoca celtica. Sull'interpretazione delle curve di livello riporto l'opinione di Raffaele De Marinis: "L'osservazione dell'andamento delle curve di livello mette in evidenza una serie di forti anomalie in corrispondenza delle isoipse 119, 120, 121 metri che sembra difficile attribuire ad azioni naturali essendo la zona un piano inclinato con una lievissima pendenza (2,3 per mille) da nord-ovest a sud-est, privo di importanti corsi d'acqua. L'origine di queste anomalie altimetriche è quindi antropica, l'effetto del formarsi di continue stratificazioni in seguito alla costruzione, abbattimento e ricostruzione delle abitazioni"(5). Queste parole ci inducono a rilevare che le mura repubblicane includono tutta l'area a maggior altimetria eccetto la piccola parte su cui si trova la metà esterna dell'ellisse. Affinché fosse inclusa tutta l'ellisse sarebbe stato sufficiente allungare il percorso delle mura di circa 200 metri, passando presso via Morrone. L'aver evitato questo minimo lavoro in più che ci porta a riconfermare che il percorso delle mura abbreviato lungo via Filodrammatici abbia tagliato a metà l'ellisse con lo scopo di dissacrare il nemeton.

3° indizio archeologico. La Tolfo riporta che Giuseppe Piermarini rinvenne delle "olle cinerarie" negli scavi per la costruzione del teatro alla Scala, sparite nel mercato dell'antiquario dell'epoca(6). Questa notizia è da aggiungere a una nota della carta archeologica che segnala presso via Romagnosi: "tracce di presunta tomba (I sec. d.C.) a cremazione". Sappiamo che i romani non seppellivano i morti all'interno della città. Dobbiamo quindi rifarci a qualche usanza precedente, e cioè a quella di sepolture presso luoghi di culto della Dea Madre. A Milano il tempio della dea (Atena, secondo Polibio) sarebbe stato nel nemeton, analogamente a Padova il tempio, nominato da Tito Livio, di una dea paleoveneta assimilata a Giunone era plausibilmente nella cittadella sacra di cui sappiamo l'esistenza grazie a una iscrizione. L'analogia è evidente. A Padova la cittadella sacra (ovvero il nemeton) era chiusa da un anello d'acqua(7), entro cui sono state trovate diverse lapidi funerarie iscritte di età romana, e a Milano l'ellisse sacra accoglieva anche sepolture. L'uso della sepoltura nelle aree sacre affonda le radici fino all'epoca megalitica.

La ricostruzione dell'ellisse. I primi tre indizi archeologici danno credito alle osservazioni cartografiche che hanno ispirato l'ipotesi dell'ellisse. Il problema diventa quello di determinarne al meglio la grandezza. Tuttavia, l'evidente forma vagamente ellittica è approssimabile a linee medie che dipendono dalla scelta degli elementi cartografici secondo criteri che hanno un margine di soggettività ineliminabile, in mancanza di specifici dati archeologici attribuibili all'ellisse. Sulla forma si sono pronunciati Adriano Gaspani(8), con trattamento statistico degli elementi cartografici, e Giorgio Fumagalli(9), con scelta intuitiva delle strade formanti l'ellisse. I criteri personali dovrebbero tendere al maggior numero possibile di elementi, seppure con qualche intuizione non del tutto razionalizzabile e proprio per questo personale. Nella mia analisi sono stato sospinto dal proposito di ricavare una forma "esteticamente bella", nel senso di ottenere una ellisse regolare tracciabile con una corda dalle misure di una terna pitagorica, benché i recinti pre-protostorici irregolari non siano rari. Dagli elementi cartografici che ho individuato si ricaverebbe il perimetro del vallo e la posizione di alcune porte.

Fig. 3 - La freccia indica un vicolo scomparso diramato da via S. Raffaele verso ovest e disposto sull'ellisse. Stralcio della pianta di Francesco Richini, del 1603.

Fig. 4 - Traccia punteggiata dell'ellisse disegnata su uno stralcio del catasto lombardo-veneto del 1855. Un'altra lineetta punteggiata indica il lato ovest di un cortile, nelle vicinanze della casa del Manzoni, che coincide con l'ellisse.



Il vallo ellittico. È presumibile che il nemeton fosse difeso da un vallo costituito da una palizzata, un argine e un fossato esterno. Considero quindi che il perimetro più interno sia l'ellisse regolare tracciata con la corda, e corrisponda alla palizzata. Col passare dei secoli l'argine si sarebbe trasformato in percorso stradale di cui rimarrebbero alcune tracce nelle strade moderne e in qualche parete perimetrale dei cortili interni degli edifici. Nell'elenco che segue è usato il nome attuale delle vie, ma la figura mostra l'impianto viario della metà dell'Ottocento, in parte diverso da oggi. Le tracce che considero (fig. 2) sono la via Boito (A), una parte di via Clerici (B), un vicolo (C) disegnato nella pianta di Francesco Richini del 1603 (fig. 3), il lato nordovest dell'isolato tra via S. Radegonda e Via Agnello (D), la parete ovest (E) del cortile interno adiacente alla Casa Manzoni (fig. 4) e il breve tratto di via Morrone che sbocca su via via Manzoni (F). Queste tracce sono raccordabili con una linea ellittica di cui si potrebbero misurare gli assi con l'incertezza di qualche decina di metri. Solamente motivi estetici mi portano a proporne le dimensioni in 390 per 338 metri, che danno una ellisse costruibile con la terna pitagorica 3, 4, 5 di un triangolo avente il cateto maggiore compreso tra i due fuochi e il vertice opposto a questo cateto su un punto dell'ellisse, come si vede nella figura.

4° indizio archeologico. La ricostruzione del vallo è da confrontare con la localizzazione di un muro di edificio del I secolo d.C. rinvenuto in uno scavo archeologico nell'area della demolita chiesa di S. Maria del Giardino a lato nordovest della via Manzoni (fig. 5), eseguito durante la costruzione della linea 3 della Metropolitana. La stratigrafia di scavo ha suggerito che la zona fosse utilizzata a scopo agricolo, e cimiteriale adiacente alla strada, in età tardo repubblicana. La relazione di scavo afferma che l'edificio del I secolo d.C., "caratterizzato dal grande muro portante perpendicolare al cardo (via Manzoni), presenta uno sviluppo in profondità e quindi probabilmente un ristretto prospetto affacciato sul cardo"(10). Questo significherebbe che l'edificio lungo e stretto sarebbe stato costruito almeno in parte sul leggero rilievo dell'argine del vallo per evitare gli allagamenti.

Fig. 5 - Ellisse tracciata su una ricostruzione della planimetria settecentesca. La trincea di scavo archeologico è indicata a tratteggio (presso la sigla di scavo "RO. 88") all'interno della demolita chiesa di S. Maria del Giardino. Sono stati recuperati resti di edificio del I secolo d.C. costruito probabilmente sopra il leggero rilievo dell'argine ellittico per evitare allagamenti. (Pianta da: "Scavi MM3", vol. 1, p. 76.)


Le porte del vallo. Osservando la mappa stradale (fig. 2) balza alla vista che ci sono numerosi incroci, biforcazioni e deviazioni a angolo delle strade in corrispondenza della linea dell'ellisse, mentre ce ne sono di meno al suo interno. L'attraversamento dell'ellisse dovrebbe indicare la posizione delle porte del vallo celtico, benché possa meravigliare che fossero così numerose. Qualcuna potrebbe essere una apertura sull'argine fatta in epoca successiva a quella celtica, ma determinata ugualmente dalla conservazione della pianificazione del nemeton, cioè dalla disposizione dei templi, degli spazi delle assemblee popolari e delle grandi capanne che ospitavano i giovani durante i periodi di iniziazione e di addestramento guerresco. Le porte originarie riconoscibili si troverebbero all'incontro di via Lauro con via Boito (1), di via Bossi con via Filodrammatici (2), di via Porrone con via Clerici (3), di Via S. Margherita con via Clerici (4), al lieve angolo del tratto quasi ovest-est di contrada Due Muri (5), all'angolo quasi retto di contrada "Due Muri" (6), all'angolo di via S. Raffaele con via Marino (7), alla biforcazione di via Agnello con una contrada in direzione est-ovest scomparsa (8), alla biforcazione di via Case Rotte con via Catena (9), all'incontro di via Manzoni con via Morrone (10), alla biforcazione di via Andegari con via Romagnosi (11) e infine all'incontro di via Boito con via Verdi (12).

Fig. 6 - Stralcio della pianta ordinata nel 1807 dagli astronomi di Brera. Si osserva che l'ellisse (linea bianca) coincide col cambiamento di disposizione dei cortili interni, che risultano in direzione nordovest-sudest all'interno dell'ellisse e nord-sud tra via S. Raffaele e contrada Due Muri. I grandi cortili a ridosso dell'ellisse hanno preso il posto del vicolo cieco mostrato nella pianta del Richini (vedi fig. 3).

Commento. La ricerca di indizi qui esposta sulla base della cartografia facilmente reperibile potrebbe essere continuata sulla documentazione più antica possibile dei palazzi lungo l'ellisse; e si potrebbero ampliare le argomentazioni tentando un abbozzo di zonizzazione urbanistica, cioè della delimitazione delle aree secondo la loro funzione, commerciale, abitativa, sacra o direzionale. Mi riferisco a alcune differenze di impianti viari tra interno e esterno dell'ellisse, che non appaiono casuali. In particolare si nota che le biforcazioni delle strade avvengono sempre dall'interno all'esterno dell'ellisse (fig. 2, punti 7, 8, 9, 11), e mai al contrario: questo significherebbe una maggior antichità della pianificazione interna dell'ellisse, alla quale si sarebbero adattate le strade costruite all'esterno in epoche posteriori. Una evidente soluzione di continuità di tipologia urbanistica è individuata nel tratto di ellisse da via Porrone a contrada Due Muri (fig. 2, punti 3, 4, 5, 6). Qui, all'esterno dell'ellisse abbiamo un piccolo caos di stradine, e all'interno due strade (via S. dalmazio e via S. Margherita) quasi parallele. La causa risiederebbe nella differente funzione delle aree: sacra all'interno (il nemeton) e mista tra abitativa e commerciale all'esterno. Altra osservazione da fare è il cambiamento di direzione dei cortili dei palazzi che avviene proprio sulla linea dell'ellisse, rilevabile chiaramente nella pianta del 1807 (fig. 6) che mostra la disposizione in direzione nord-sud dei cortili tra via S. Raffaele e contrada Due Muri e la disposizione in senso nordovest-sudest dei cortili a ovest di via Marino. Il cambiamento di orientamento dei cortili coincide col vicolo disegnato nella mappa del Richini, sopra citato, ma non più riportato nelle mappe successive.

Fig. 7 - Stralcio della pianta del 1722, ricavata dal catasto di Carlo VI. La pianta è leggermente deformata rispetto a quelle dell'Ottocento. Tra le lettere a-b corre un confine di parrocchia coincidente con l'ellisse. Tra le lettere c-d corrono i confini di parrocchia e di rione presso l'ellisse, come già rilevato dalla pianta del Richini (vedi fig. 3).

Oltre alle tracce dell'ellisse ricavabili dalle strade e dai palazzi con i loro cortili, un altro tipo di tracce ci è offerto dai vecchi confini delle circoscrizioni dei rioni e delle parrocchie. Questi sono riportati nella planimetria del 1722 ricavata dalle mappe catastali di Carlo VI d'Asburgo (fig. 7), che tuttavia ha una precisione minore e leggermente deformata rispetto a quelle dell'Ottocento. La pianta ha i confini dei rioni segnati da linee a punti e croci e quelli delle parrocchie a linee continue. Se ne ricava la conferma della traccia di un tratto del quadrante sud dell'ellisse, già segnato sopra nella pianta del Richini, e che in questa planimetria è formata dai confini di rione e di parrocchia sovrapposti (tratto compreso tra le lettere c-d, nella figura); e una nuova traccia sul quadrante est (tratto compreso tra le lettere a-b, nella figura) formata da un confine di parrocchia. Quest'ultima traccia è molto lunga e corre parallela all'ellisse a distanza di una quindicina di metri, distanza che dovrebbe derivare da costruzioni relativamente antiche lungo i resti del vallo celtico. Aver trovato tracce su tutti e quattro i quadranti per ricostruire l'ellisse, ci rassicura sulla fondatezza dell'ipotesi del vallo celtico.

Resterebbe da parlare della posizione delle porte in relazione alle direzioni astronomiche verso il sole, la luna e qualche stella luminosa. Ci sono però due motivi che rendono incerta l'analisi astronomica. Primo: non è determinabile la posizione precisa delle porte originarie, perciò diventa troppo ampio l'angolo di approssimazione da attribuire delle direzioni astronomiche ricavabili. Secondo: gli astri sarebbero stati osservati da tre posizioni, i due fuochi e il centro dell'ellisse, perciò la combinazione statistica del numero di porte, dei punti dell'osservatore e degli astri darebbe un'alta probabilità di trovare per caso ora una ora l'altra delle direzioni astronomiche desiderate. Mi limito quindi a dire che una delle direzione da ritenere con relativa sicurezza non casuale è quella dell'asse maggiore dell'ellisse verso il solstizio. Tralasciare gli orientamenti astronomici non detrae nulla agli indizi archeologici e all'analisi cartografica, che non ne hanno bisogno per dare credibilità al riconoscimento dell'area ellittica protostorica del nemeton.



Post scriptum, in data 5 ottobre 2016

Fig. 9 - Nella seconda figura di questo articolo è tracciato un triangolo pitagorico con il lato maggiore coincidente con la distanza tra i due fuochi (vedi sopra). Questa disposizione di un triangolo pitagorico è una eccezione ed è poco probabile che sia stata usata dagli antichi. Riprendendo in mano questo articolo dopo anni, ho notato un'altra spiegazione possibile che ha il vantaggio di precisare il procedimento più probabile usato dagli antichi per costruire un'ellisse di dimensioni desiderate. I fuochi dell’ellisse di Milano possono approssimarsi in modo da dividere l'intero asse maggiore in quattro parti. Di conseguenza i due fuochi e il vertice dell'asse minore determinano un triangolo equilatero. È logico che la costruzione di siffatta ellisse sia iniziata dalla tracciatura del triangolo equilatero. Perciò ogni altra ellisse sarebbe stata ottenuta partendo da un triangolo isoscele, come si vede nella figura 10.

Fig. 10 - Consideriamo l'esempio di costruzione dell'ellisse di dimensioni del triangolo pitagorico di lati 3, 4, 5. Questo triangolo contiene la nozione di angolo retto; perciò si inizia tracciando due rette ortogonali. Poi si traccia il semiasse minore b di misura 3. Infine si fissa sul vertice v dell'asse minore la corda a di misura 4 (pari al semiasse maggiore), che ruotando interseca l'asse maggiore nei punti dei due fuochi F1 , F2. Adesso si può tracciare il perimetro dell'ellisse.


Note
(*) Revisione con integrazioni dell'articolo pubblicato in "Terra Insubre", n. 40 (2006).

(1) M. G. Tolfo, Medhelanon, Mediolanum, Comune di Milano, 1998, pp. 58-59
(2) G. Minella (a cura di), Le tracce disvelate della Mediolanon insubre, in "Terra Insubre", 36 (2005), pp. 3-7.
(3) D. Caporusso (a cura di), Scavi MM3, Milano 1991.
(4) Carta altimetrica con linee isoipsiche ogni 50 cm. Da Trolli, 1957, Riprodotta da G. Oneto, Milano, centro della Terra di Mezzo, in "Quaderni Padani", 9 (1997), pp. 14-21.
(5) R. De Marinis, La città in Lombardia, in "Archeologia urbana in Lombardia", Panini, Modena 1984, p. 31. (6) Tolfo, op. cit., p. 60.
(7) C. Frison, Il vecchio tempio patavino di Giunone, in "Padova e il suo territorio", 29 (1991), pp. 13-15.
(8) A. Gaspani, Alle origini di Milano", in "Le Stelle", 40 (2006), pp. 42-46. Idem, "Il nemeton di Mediolanon, santuario degli Insubri, in "Terra Insubre", 35 (2005), pp. 3-8.
(9) G. Fumagalli, Milano celtica e i suoi cittadini, Casa Editrice Primordia, Milano 2005, p. 10.
(10) D. Caporusso, cit., vol. 1, p. 40 e 75.

APPENDICE


LA LINEA MERIDIANA DELLA FACCIATA DEL DUOMO DI MILANO
E L'OSSEVAZIONE DI UNA STELLA DELLA CROCE DEL SUD(**)

di Carlo Frison

Affinché sia più probabile la ricostruzione dell’ellisse di Milano, ho elaborato tre procedimenti indipendenti, concordanti sulla stessa posizione dei fuochi. Le lettere maiuscole tra parentesi susseguenti si riferiscono alla figura.
Il primo procedimento consiste nella misurazione degli assi dell’ellisse dai tratti stradali ortogonali agli assi presso i loro punti estremi. L'asse maggiore è compreso da via Boito (A) al lato a nordovest dell'isolato tra Via S. Radegonda e via Agnello (B). L’asse minore è compreso da via S. Protaso (C) allo sbocco di via Morrone su via Manzoni (D). L'ellisse dovrebbe essere difesa da un vallo, che suppongo largo una decina di metri, da aggiungere all’esterno del tracciato dell’ellisse, il quale avrebbe gli assi di 390 per 338 metri.
Il secondo procedimento determina i fuochi tramite altre strade. Si tratta del tratto settentrionale della via Andegari (E), la cui direzione prolungata verso sudovest taglia l'asse maggiore nel punto di un fuoco; e della direzione del tratto settentrionale di via Romagnosi (F) - strada secondaria riportata nei sei fogli della planimetria anonima del 1786 - che prolungata verso sud taglia l'asse maggiore nel punto dell'altro fuoco. La Tolfo riferisce che il nome della via Andegari richiama il gallico "an-dee", ossia "non-dèi"(1), che indicava l'esterno del recinto sacro.
Il terzo procedimento considera delle direzioni astronomiche verso sud di una evidenza esemplare. Gli orientamenti verso sud, trovati nei siti europei, potrebbero derivare dall'osservazione delle stelle della costellazione del Centauro, che nell'antichità comprendeva anche la Croce del Sud. Le stelle di queste costellazioni distinguibili per un po’ di luminosità, in mezzo a quelle più deboli, non sono più visibili alla nostra latitudine da 3000 anni, ma alcune erano visibili fino al secoli XI a.C., almeno in qualche sera eccezionalmente limpida, molto basse sull’orizzonte verso sud. La datazione sarebbe troppo alta rispetto a quella dei secoli VII e VI a.C., attualmente attribuita all’ellissi celtica. Però queste direzioni stradali verso la Croce del Sud sono adiacenti all’ellisse. Probabilmente il sito era frequentato già prima della costruzione dell'ellissi; potrebbe essere stato un’area cultuale più antica, sede di osservazioni astronomiche. Le direzioni astronomiche esterne all’ellisse sono la facciata del Duomo, coincidende con una linea meridiana, e le vie S. Raffaele (G) e contrada dei Due Muri (H), quest'ultima non più esistente. La disposizione geometrico-astronomica è straordinaria. La meridiana della facciata del duomo è bisettrice dell’angolo tra le due vie e passa per uno dei fuochi dell’ellisse. L'unico significato astronomico possibile è l’osservazione del sorgere e tramontare della stessa stella. Inoltre i due tratti viari, iniziando dal perimetro dell’ellisse, ne confermano la ricostruzione.


Le due linee dell’ellisse sono separate dal vallo di una decina di metri. I fuochi sono determinati sia dalle dimensioni degli assi, sia dalle intersezioni con prolungamenti di direzioni stradali (E, F). La linea meridiana rasente alla facciata del duomo passa per un fuoco dell'ellisse ed è bisettrice dell'angolo tra due strade (G, H) indicanti il sorgere e tramontare di una stella della Croce del Sud. Il triangolo tra i due fuochi e il vertice in P, usato per la tracciatura dell’ellisse interna, ha i lati proporzionali a 3, 4, 5. La pianta è ricavata dal catasto Lombardo-Vaneto del 1855.


Note
(**) Revisione abbreviata e corretta dell'articolo L'ellisse preistorica di Milano pubblicato in "Quaderni Padani", n. 55 (2004).

1) Tolfo, M. G., Medhelanon - Mediolanum. Il passaggio dal santuario celtico alla città romana (Milano: Comune di Milano, 1998) pp. 23-26.


Ultimo aggiornamento in agosto 2012.

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