La filosofia di Spinoza è il riferimento preferito dagli scienziati che pensano a un universo eterno
e a una natura governata da leggi immutabili che escludono i miracoli. Hoyle, incredulo
delle storie bibliche fin da giovanissimo, propone una spiegazione della storia dell'uomo, della religione e della scienza,
basata sull'influenza di esplosioni in cielo di grandi bolidi. Hoyle però non accenna al problema
dell'origine dell'idea di Dio. Dai commenti alla teoria di Hoyle da parte di colleghi accademici si
induce a una distinzione tra ateismo maschile e ateismo femminile, paragonabile alla differenza
tra religiosità maschile e femminile.
1- Introduzione
La cosmologia - branca dell'astronomia fondata nel Novecento - ha suscitato tra gli scienziati atei riflessioni
filosofiche che si richiamano all'identificazione di Dio con la natura, espressa da Spinoza con la sentenza: "deus,
sive natura". La spiegazione del sentimento religioso esposta da Fred Hoyle in L'origine dell'universo e l'origine
della religione(1), è facilmente criticabile; eppure la lettura è utile per comprendere le motivazioni di un ateo.
In appendice del libro, è riportato un dibattito tra scienziati e umanisti sul rapporto tra scienza e religione,
che mi ha fatto notare soprattutto la differente concezione dell'ateismo tra l'uomo e la donna.
La teoria di Hoyle sulla religione è una rielaborazione dell'ipotesi di Victor Clube e Bill Napier,
che suppone la cattura di una cometa gigante nel sistema planetario 15.000 anni fa. Da allora questa
cometa passerebbe vicino al sole ogni 1600 anni, perdendo frammenti di dimensioni come quello di Tunguska,
che cadrebbero a centinaia sulla terra in un lasso di tempo di decine di anni, terrorizzando gli uomini. Agli
impatti corrisponderebbe la caduta delle civiltà e la nascita delle religioni spietate e cupe. Al cessare dei
fenomeni catastrofici, affievolendosi la memoria delle catastrofi, gradualmente si sarebbero attenuate le
crudeltà delle religioni.
2 - Le comete come causa celeste
Tralasciando i primi passaggi della cometa, che coinciderebbero con la fine della glaciazione e la scoperta dei
metalli, considero quelli che Hoyle connette a degli eventi epocali religiosi.
In seguito al passaggio della cometa intorno al 4300 a.C., sarebbe stata l'abbagliante comparsa delle luci dei
bolidi nel cielo e le collisioni con la terra a dare inizio alle religioni omeriche e alle relative credenze di
una guerra tra divinità.
Al passaggio intorno al 2700 a.C., gli egizi avrebbero escogitato la costruzione delle piramidi, come forma
geometrica più robusta di quelle usuali degli edifici, per resistere alle onde d'urto della disintegrazione in cielo
dei bolidi, in modo da preservare la salma del faraone.
Al passaggio intorno al 1100 a.C., Giosuè avrebbe visto da Gerico non il sole immobile, bensì il bagliore lontano
di un'immensa palla di fuoco, prodotto dalla caduta di una cometa. Le cadute di frammenti cometari spiegherebbero la
pioggia di fuoco scesa su Sodoma e Gomorra.
Segue un periodo di tranquillità a partire dal 1000 a.C. fino al V e VI secolo d.C., che favorì la formazione del
cristianesimo dal giudaismo, così spiegata da Hoyle: "Il suo Dio cupo e vendicativo venne riproposto nelle vesti
di un vecchio padre benevolo; per il resto gli
elementi del giudaismo rimasero invariati."
Al passaggio intorno al 500 d.C. sarebbe stato l'impatto di proiettili caduti dal cielo a disgregare l'impero
romano. Il calore degli impatti avrebbe distrutto le città e incendiato le foreste, inducendo migrazioni di popoli.
A questo punto Hoyle fa una considerazione rivelatrice della sua concezione della religione, che dà importanza solo
alle divinità celesti. Così spiega il motivo dell’affermazione del cristianesimo: "Le antiche religioni avevano perso
mordente, il giudaismo era troppo riservato agli ebrei per potersi diffondere oltre la loro cerchia, e la cristianità
conquistò il campo per mancanza di avversari, perché non c’erano offerte alternative. In un periodo di catastrofi,
tuttavia, doveva somministrare una bevanda meno blanda della solita: Dio poteva rimanere un padre benevolo soltanto
se il mondo era tormentato da migliaia di demoni ai quali attribuire la causa di tutti i disastri."
Mi pare di capire che per Hoyle, l’idea di Dio sia sempre suggerita dal cielo, sia che lo concepisca cupo e
vendicativo a causa della caduta dei bolidi, sia benevolo quando incendi e distruzioni sono attribuiti ai demoni.
Nel secondo caso, intorno al 500 d.C., finché cadevano i bolidi distruttivi, il male è stato attribuito alle
potenze degli inferi, da dove non si vede il cielo.
3 - I commenti dei colleghi accademici
Opportunamente il libro riporta i commenti espressi da studiosi di varie discipline, alla fine della conferenza
tenuta da Hoyle per presentare questa sua Weltanschauung. I due umanisti - Roger Shinn (etica sociale cristiana) e Milton
Gatch (storico della religione medievale) - si dicono delusi dalla semplicità dell'ipotesi di di Hoyle, che vorrebbe spiegare
i fenomeni religiosi unicamente con la paura suscitata dalla caduta di comete. Grave è anche la contestazione del geologo
Normann Newell, che respinge l'ipotesi di Hoyle degli impatti di comete come causa della fine dell'ultima era glaciale.
Al di là delle critiche nelle discipline umanistiche e storiche, è interessante delineare la personalità di uno scienziato
che vede nel cielo l'unica causa degli sviluppi della scienza e della religione. Volgiamo quindi l'attenzione alla disciplina
di competenza di Hoyle, la cosmologia.
I due fisici intervenuti nella conferenza, Paul O. Kristeller e John Wheeler, notano che l'idea del Big Bang
colpisce per la sua stranezza. Perché, si chiedono, l'universo infinito e incontrollabile dovrebbe essere prodotto
all'improvviso? Inoltre, lo sviluppo della teoria del Big Bang suppone una supermacchina che sforna universi con
proprietà variabili. Ma, si chiedono, da dove proviene quella macchina? Il favore di tanti ebrei e cristiani a tale
teoria nascerebbe dall'idea che confermi il racconto biblico della Creazione. Invece, rimane attraente la teoria
dello stato stazionario (formulata da Hoyle, assieme ad altri due astronomi), forse perché in sintonia con certe
speculazioni filosofiche greche, per esempio col cosmo unico ed eterno di Aristotele. Wheeler ricorda che nel
Seicento Spinoza aveva negato il resoconto biblico della Creazione, perché gli sembrava che, se prima dell'inizio
di ogni cosa c'era il nulla, era impossibile che ci fosse un orologio a segnare il tempo in cui ogni cosa avrebbe
avuto inizio: è una contraddizione interna.
Però, bisognerebbe spiegare il senso del titolo “l’origine dell’universo” del libro, applicato alla teoria
dello stato stazionario, che non suppone una origine (un inizio) dell’universo. La teoria dello stato stazionario
richiede la creazione continua di atomi di idrogeno per mantenere costante la densità dell’universo in espansione.
econdo le conoscenze dell’universo degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, Hoyle aveva calcolato che sarebbe stata
sufficiente la creazione di un atomo di idrogeno in un volume pari a quello di una comune stanza ogni alcuni milioni
di anni. La formula matematica della teoria dello stato stazionario presenta un universo esistito da sempre e in e
spansione. L’interpretazione puramente matematica, che ammettere l’infinito attuale, non è intuitivamente trasferibile
dalla formula allo stato fisico dell’universo. L’interpretazione fisica dovrebbe parlare di espansione di un
universo illimitato, cioè infinito in potenza; il che renderebbe poco intuitiva l’eternità dell’universo nel
passato. Il titolo del libro di Hoyle, “origine dell’universo”, non può significare inizio dell’universo dal nulla,
giacché Hoyle pensa all’universo eterno, né significherebbe inizio da qualcos’altro di diverso, altrimenti
non sarebbe stazionario. Parafrasando il titolo, sarebbe da dire “origine dall’eterno”, definizione che
ciascuno – filosofi, scienziati e religiosi – può interpretare a modo proprio.
4 - Lo spirito critico di Hoyle
Hoyle ha mirato a contestare le divinità celesti, trascurando i fenomeni religiosi incompatibili con la mentalità
scientifica, quali la magia, la stregoneria, il culto dei morti e il culto della fertilità, legati per lo più a
divinità degli inferi. Non si è curato delle sepolture rituali dei morti iniziate nel paleolitico, prima dei
16000 anni fa del primo passaggio della cometa gigante. La sua attenzione è attratta solo dalle divinità celesti.
Per abbozzare qualche giudizio sulla mentalità di Hoyle partiamo da un suo accenno autobiografico.
Hoyle racconta che, ascoltando da adolescente i sermoni di predicatori “farneticanti”, era inevitabile
che notasse, a parte i miracoli, le numerose contraddizioni nei comportamenti e nella psicologia dei personaggi
dei testi sacri. All'inizio aveva tentato di identificare un minimo di credenze religiose privo di contraddizioni;
senza riuscirvi. Questo lo ha portato alla lunga a dare alla religione la spiegazione scientifica legata alla
cometa. Ne deduciamo che l'incredulità di Hoyle è sorta dal suo spirito critico innato, prima del raggiungimento
della istruzione scientifica adeguata. Questo conferma che la critica alla religione non richiede nozioni
scientifiche elaborate; e che è un errore dare maggior peso alle affermazioni ateiste degli scienziati,
piuttosto che a quelle di una persona poco istruita. Lo spirito critico è un aspetto della personalità di
Hoyle, riconosciuto anche in campo scientifico La comunità dei fisici gli è riconoscente per le sue teorie
controcorrente, smentite dalla prova dei fatti, ma ingegnose e stimolanti di modelli alternativi. Infatti, Wheeler
dice che “Scagliarsi contro il pensiero a scatola chiusa si addice a Hoyle più che a ogni altra persona che
io conosca.” Però, talvolta Hoyle sembra mosso piuttosto da uno spirito di contraddizione, senza sufficienti
motivazioni. Ne è esempio la sua ipotesi della fine della glaciazione causata dalla caduta di comete. Il
giudizio di avventatezza colpisce anche la sua teoria sull'origine della religione. Tuttavia la sua cernita
dei fatti religiosi salienti non è priva di senso. L'idea di Hoyle che si debbano considerare solo divinità
celesti è conforme agli studi Wilhelm Schmidt (1868-1954) e di Raffaele Pettazzoni (1883-1950) sull'Essere
Supremo Creatore, presente in tutte, o quasi, le religioni primitive contemporanee, e corrispondente in
qualche modo al Dio monoteista.
5 - La causa unica
La teoria di Hoyle richiama la filosofia panteista di Spinoza, in cui gli unici attributi di Dio conoscibili
dall'intelletto umano sono il pensiero è l'estensione. Il pensiero assoluto è la matematica e l'estensione è lo
spazio geometrico (secondo Newton lo spazio fisico, il cielo, è attributo di Dio). Sarebbe questa concezione dello
spazio come immanenza di Dio a indurre Hoyle a porre la stessa causa per la religione e la scienza. Egli osserva che:
"nell'Iliade e nell'Odissea sembra essere assente la volontà umana quale fattore di causalità. Anche se
l'agente causale che controlla gli esseri umani viene ritratto a tinte vivaci e sotto la veste di dèi e di dee,
non c'è dubbio che intervenga dall'alto, dal cielo."
Il cielo avrebbe influenza anche sulle idee degli scienziati. In questo senso egli pensa che la concezione della
scienza sviluppatasi dopo l'ultima caduta di bolidi (500 d.C.), venendo meno al trascorrere dei secoli lo spavento
suscitato da quei fenomeni celesti, avrebbe avuto uno scadimento, perché si sarebbe cominciato a credere che “nulla
di esterno può influire sulla terra.” In conseguenza di questa amnesia dell'influenza del cielo, Hoyle dice che:
"La fisica e la chimica erano presentate come delle scienze capaci di badare alle proprie faccende senza mai riferirsi
a qualcosa di esterno alla terra. La fisica in particolare superò di gran lunga l'astronomia quanto a utilità, anche nella
stima popolare. Ma dalla metà del XX secolo ha subito una sorta di declino [Hoyle sottintende la teoria del Big Bang, n.d.a.]
che a mio avviso va interpretato come conseguenza dell'amnesia. La fisica è andata avanti fino a dove le era possibile
senza doversi collegare all'universo in maniera fondamentale. La biologia rimane quella di sempre, un'alleanza tra
ipotesi traballanti e un empirismo complesso. Sono queste le tragiche conseguenze dell'avere eliminato il cielo quale
agente causale, un millennio e mezzo fa."
6 - Due tipi di ateismo
La teoria della causa comune di scienza e religione non poteva che essere giustificata dal principio antropico. Hoyle scrive:
"Per quale strana coincidenza [la cometa] sarebbe passata di qui soltanto quindicimila anni fa? Mi sono finalmente
reso conto che la risposta sia nel cosiddetto principio antropico. La nostra stessa esistenza giustifica di fatto gli
eventi improbabili e tuttavia necessari a renderla possibile. Se la storia e la civiltà sono state prodotte dall'arrivo di
una cometa gigante periodica, la nostra associazione temporale con tale cometa non è più dovuta al caso. L'arrivo della
cometa è stato, sì, casuale ma la nostra associazione con i suoi effetti non lo è."
Con questa disquisizione Hoyle vorrebbe passare dal ‘caso’ agli eventi ‘necessari’ per l'uomo, per evitare di
ammettere lo scopo nell'universo, perché sarebbe come ammettere Dio creatore. Gli argomenti dei fisici per dimostrare
la ‘necessita’ e non ammettere lo scopo, sono molto specialistici. Noi possiamo solo considerare i loro commenti
filosofici; per esempio quello sorprendente che nei fenomeni quantistici non è sufficiente la conoscenza dello stato
attuale per procedere, ma si deve sapere anche qualcosa del futuro. I commenti sono anche l’occasione per gli scienziati
di spiegare le loro posizioni sulla religione, che, a dire il vero, sono poco interessanti e sono deboli echi di
qualcosa detta da qualche filosofo.
Sono arrivato alla puntualizzazione sull'ateismo maschile e femminile. Contrapponendo la citazione di una lettera
di Einstein a una domanda della Ruth Anshen, fatta durante la conferenza sul libro di Hoyle, si evidenzia la differente
importanza che l'intelletto maschile e quello femminile danno al pensiero (ovvero alla scienza) e alla persona. Da ciò
deriva la differenza tra due tipi di ateismo, paragonabile alla differenza tra religiosità maschile e femminile.
Rispondendo a un banchiere del Colorado nel 1927, Einstein scrive:
"Non riesco a concepire un Dio personale che influisca direttamente sulle azioni degli individui o che giudichi
direttamente le proprie creature. Non ci riesco, malgrado il fatto che la causalità meccanicistica sia stata, fino a
un certo punto, messa in dubbio dalle scoperte della scienza moderna. La mia religiosità consiste in una umile
ammirazione dello Spirito infinitamente superiore che si rivela in quel poco che noi, con la nostra ragione debole
ed effimera, possiamo capire della realtà."(2)
Alla conferenza di cui dicevo all'inizio, la filosofa Ruth Anshen, rivolse agli scienziati questa domanda:
"Sono rimasta colpita dal fatto che i cosmologi sia del Big Bang sia dello stato stazionario ritengono che
l'universo debba conoscere in anticipo la mossa successiva prima di compierla. Siccome sembra implicare che
l'universo abbia una cognizione, e la cognizione implica una coscienza, e la coscienza una volontà, uno scopo,
una determinazione, una decisione, è possibile dire che l'universo pensa? Aggiungo che sebbene possa non esserci
una risposta allo stato attuale delle nostre conoscenze, prego e credo fermamente nella possibilità che un
giorno la risposta possa essere trovata."
Prendendo Einstein come esempio dell'intelletto maschile, notiamo la capacità dell'astrazione dei concetti,
resi indipendenti dalla persona che li enuncia ed elevati a realtà spirituale. In questo tipo di ateismo il
pensiero dell’uomo diventa tutt’uno con le leggi fisiche dell'universo eterno, diventa ‘intelligenza
dell'universo’ non personale, che sostituisce il Dio personale.
Dalle parole della Anshen invece, si comprende la difficoltà delle donne di attribuire il pensiero a un
insieme di corpi (l'universo) che non sono una persona. L’ateismo femminile non ammette un Dio spirito
impersonale. Per loro il pensiero non può essere che una relazione tra persone. Per una donna, una persona che
pensa in solitudine ai fenomeni della materia, estraniandosi da tutte le altre persone, non conduce una vita
degna di essere vissuta. Nell'ateismo femminile non ha nessun significato una scienza che sia di per sé spirito,
senza essere attributo di qualcuno. Per rafforzare questo giudizio è sufficiente dire che nel pensiero delle
filosofe è sempre presente il riferimento alla persona. Delle poche filosofe delle epoche passate spesso non abbiamo
nemmeno frammenti di opere, e sono ricordate perché erano legate a un filosofo o per rapporto di parentela o di
amicizia. Delle filosofe del Novecento (Edith Stein, Simone Weil, Hannah Arendt, Simone de Beauvoire) nessuna
ha fatto ricerca di filosofia teoretica, ma sempre dell'agire delle persone, cioè di storia politica, storia
della filosofia, psicologia ed etica. Ugualmente, il sentimento religioso è vissuto dalle donne unicamente
in relazione alle persone. Anche nell'isolamento dal mondo delle suore il pensiero è rivolto a una persona,
perché la vocazione è sentita come sposalizio con Cristo.
Nella realtà biologica, le caratteristiche intellettuali determinate dal sesso non sono nettamente
distinte tra maschio e femmina, analogamente a quanto succede in molte caratteristiche sessuali non specifiche
della riproduzione. La parziale fusione tra i due intelletti rende possibile a ognuno di comprendere i due tipi
di ateismo, sebbene il sesso determini la preferenza per l'uno o per l'altro. Il corollario che ne deriva è che
l'associazione dei due intelletti porta a tenere uniti i concetti di spirito (il pensiero) e di persona; il
che significa la credenza in un Dio personale. Invece ognuno dei due tipi di ateismo è concepibile dissociando
l'intelletto prevalente del proprio sesso da quello prevalente dell'altro sesso, dissociazione prodotta da una
volontà razionalizzante. Poiché la stato naturale è l'associazione dei due intelletti, si induce che la
concezione dell’esistenza di Dio-persona è più aderente alla psicologia che la sua negazione.
7 - La ricerca della minima forma di religione
Adesso posso spiegare il motivo per cui sopra non ho riferito le contestazioni a Hoyle, fatte dai due storici
delle religioni. Uno scienziato ateo si aspetta discorsi logici, piuttosto che disquisizioni storiche o
teologiche. La questione sottintesa da Hoyle risiede nella relazione tra l’idea del cielo come causa impersonale e
l'uso del termine ‘cielo’ come allegoria di Dio. La discussione dovrebbe riguardare l’origine psicologica
dell’idea dell'esistenza di un Essere spirituale.
È preferibile descrivere il problema come è presentato dall'ateo Georges Minois(3).
"L'uomo primitivo era ateo o religioso? Il problema delle origini è allo stesso tempo capitale e insolubile.
Capitale, perché permetterebbe di determinare il carattere naturale dell'ateismo o della religiosità, conferendo
all'uno o all'altra una giustificazione inoppugnabile. Insolubile, giacché la mentalità primitiva dei popoli
preistorici è tutt'ora fuori dalla portata di uno studio scientifico."
L'unica fonte per ricostruire la mentalità dell'uomo primordiale è costituita dalle culture di primitivi nostri
contemporanei, che però deve essere interpretata con prudenza perché, osserva Minois:
l'assimilazione della mentalità dei popoli primitivi del XX secolo a quella dell'umanità preistorica, è
frutto di una connessione discutibile.
Minois dice che prima di parlare di nascita della religione bisogna considerare la coscienza dei primitivi
di fronte alla natura:
"A partire dai primi anni del Novecento, etnologi e filosofi hanno optato per l'uso di una nozione più
adeguata a definire le relazioni tra l'uomo preistorico e il suo ambiente naturale: quella di "mana", ossia
di una forza immateriale e attiva, diffusa in tutti gli enti. (...) [Il mana] indica un certo indirizzo
dell'esistenza nel suo insieme, al di fuori di ogni riferimento a dèi o anche a spiriti per quanto vaghi
possano essere. (...) Il mana non è una realtà in sé, ma piuttosto una struttura della coscienza, che ci
spinge ad agire intuitivamente come se gli oggetti circostanti fossero pieni di impulsi verso di noi.
Il mana consiste in un dato grezzo, immediato, in nessun modo connesso a un sentimento del divino o
del sacro. (...) Nella fase pre-animista, scrive Henri Bergson, l'umanità si sarebbe rappresentata una
forza impersonale simile al mana polinesiano, diffusa dovunque.
Raccogliendo qualche esempio da qualche testo di etnologia, si apprende che ‘mana’ è un termine melanesiano
che esprime la capacità di svolgere le attività quotidiane e le relazioni sociali normali. In più culture
primitive si trova l'idea di una ‘forza’ o ‘potenza’ impersonale insita nelle cose. Una persona, un oggetto,
na formula rituale possono avere tanto o poco mana(4). Possiedono molto mana gli esperti artigiani,
i maestri di qualche branca del sapere, i sacerdoti e i capi, cioè le persone eminenti e potenti
della società(5). I membri delle società segrete hanno una quantità di mana crescente col grado gerarchico(6).
I pasti antropofagici hanno lo scopo di accrescere il proprio mana. Il cranio è la parte più ricca di mana.
I giovani acquistano il diritto a sposarsi solo dopo aver cacciato almeno una testa. Si crede che il mana aderisca
al nome e che la sua sostanza vitale si trasmetta al bambino col nome(7). L'eccezionalità del potere del mana è stata
anche definita “trascendente e metafisica”(8), forse impropriamente. Dalle caratteristiche del mana induco che questa
‘forza’ riguarda principalmente, se non solamente, il sesso maschile, o almeno così risulta dagli esempi dei
testi che ho consultato. Infatti, il mana riguarda i capi e gli uomini eminenti, le società segrete maschili, e
il modo più efficace per procurarsene era la caccia alle teste, ovviamente praticata dagli uomini.
Il particolare più importante è che un giovane acquisisce il diritto a sposarsi tagliando almeno una testa.
Il riconoscimento della paternità, assicurato dal matrimonio, dipende perciò dal mana accresciuto con un pasto
antropofagico. Questo esclude che il mana appartenga alla primissima fase matriarcale culturale
dell'homo sapiens sapiens, in cui si suppone che non fosse ancora compresa la necessità del maschio per
il concepimento. La connessione del mana col matrimonio mette in dubbio la supposizione di Minois che sia la
manifestazione preanimista da cui avrebbe avuto origine la religione, perché questa ‘forza’ impersonale sarebbe
invece stata immaginata soprattutto in seguito alla scoperta della paternità. Questo conferma che il carattere
impersonale del mana è concepito dai maschi dei primitivi, così come lo spirito impersonale che governa
l'universo è concepito dagli scienziati maschi atei. La forza, la causa o l’azione impersonale è una
spiegazione concepita dall'intelletto maschile.
Nella primitività più remota dell'homo sapiens sapiens la società sarebbe stata matriarcale, sia per
la fertilità della donna considerata indipendentemente dall’uomo, sia per il contributo femminile al sostentamento
con la raccolta e coltivazione dei vegetali, che avrebbe uguagliato o superato per importanza quello maschile della
caccia. Queste condizioni avrebbero favorito il mantenimento dell'associazione dei due intelletti, maschile e
femminile, in modo che la proiezione del ‘pensiero’ personificava la natura, conformemente alla teoria di
Émile Durkheime (1858-1917) che la forma minima della religione consista nella personificazione delle forze
naturali. La personificazione della natura avrebbe preceduto la concezione di forze impersonali. Credo che
piacerebbe anche Hoyle la spiegazione che l'Essere Supremo celeste dei primitivi sia stato concepito
dall'impressione suscitata dall'immensità del cielo. I tuoni e i fulmini non sono tanto differenti dagli
effetti di un bolide, e la bellezza del cielo diurno o stellato è emozionante. Con buona pace degli atei,
tutte le ricerche degli etnologi non servono a escludere che la personificazione del cielo sia stata la prima
idea religiosa concepita.
Note
(*) Pubblicato in "Bollettino. Gruppo astrofili di Padova", n. 44 (2010).
1) Fred Hoyle, L'origine dell'uomo e l'origine della religione, Arnoldo Mondadori Editore, 1998.
2) H. Dukas e B. Hoffmann (a cura di), Albert Einstein. Il lato umano, p. 61, Einaudi, 1980.
3) Georges Minois, Storia dell'ateismo, Editori Riuniti, Roma 2003, pp 17-21.
4) Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, Edizioni dell'Ateneo & Bizzarri,
Roma 1966, pp. 12-13.
5) Herbert Tischner, Etnologia. Enciclopedia Feltrinelli Fischer, Feltrinelli, Milano 1964, p 342.
6) H. Tischner, cit., p. 338.
7) H. Tischner, cit., p. 335.
8) H. Tischner, cit., p. 331.
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